Futuro in Arbëria: visioni di donne
Questo é il mio primo ricordo di un paese arbëresh: fra abiti, lingua e canti a me sconosciuti, d’un tratto non capivo più dove mi trovassi, o in quale tempo. Vent’anni fa non sapevo niente di loro; ancora oggi li conoscono in pochi. Sono italo-albanesi antichi, sangue sparso della Diaspora, stabilitisi in Italia da quasi seicento anni. Pasolini lì definì un “miracolo antropologico” grazie alla conservazione di riti, costumi e lingua. In queste pagine ho raccolto microbiografle e scolpito ritratti di donne arbéreshe, dedite a tener viva la loro cultura, oggi marcatamente femminile. Con la potenza di piccole azioni quotidiane, senza rumore, contribuiscono all’emergere di nuove ragioni di esistere per i loro paesi fiaccati dallo spopolamento. Alcuni considerano queste donne come ultime testimoni di un popolo, ma preferisco vederle come le prime di una nuova fase storica. La loro vicenda ci riguarda tutti. I paesi arbëreshë offrono ancora vie diverse di intendere convivialità, ospitalità e vita: occasioni preziose in un tempo di appiattimento. Il patrimonio culturale che rigenerano può diventare bene comune, stimolare innovazione sociale. Perché non si limitano a “riscoprirlo” ma lo introducono nella loro vita quotidiana. Cosi ci consentono, conoscendole, di entrare in contatto con prospettive diverse attraverso cui leggere, anche criticamente, il come ci relazioniamo con il mondo. Il confronto dialettico, non la stasi né la passività di fronte al cambiamento eterodiretto e alla sua retorica, é necessario al nostro cammino.
Lorenzo Fortunati
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