Il Giardino perduto di Carlo Levi

“Capisco adesso la straordinaria libertà e ricchezza del colore di Alassio, dove l’azzurro più intenso fa parer rosati gli ulivi, e i bianchi e i violetti delle pietre e i gialli e i rossi delle rocce son rilevati dal verde bluastro dei carrubi, e le palme si alzano tra i fiori come allegri pennacchi”.
Così scrive alla madre Carlo Levi nel settembre del 1935, rievocando nell’isolamento del confino in Lucania, di fronte alla realtà meridionale di un paesaggio fatto di argille aride e monocrome, la ricchezza cromatica e la varietà del paesaggio alassino che circonda la casa di famiglia.
La mostra Il Giardino perduto di Carlo Levi conduce lo spettatore lungo un itinerario di quattordici opere – molte delle quali inedite – che si snoda cronologicamente dagli anni Venti fino alle estreme stagioni della pittura (anni Settanta), all’interno di un luogo metaforico nel quale l’artista letterato traspone la sua visione del mondo: dall’Eden incantato e luminoso degli anni Venti all’intrico materico, quasi informale, afoso e contorto dei suoi carrubi degli anni Sessanta e Settanta.
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