Giardino e morte del signor Palomar
A dispetto della sua forma che può sembrare una raccolta Giardino e morte si manifesta un telos (dal greco fine, scopo, obiettivo), che compatta i primi quattro pezzi (2017-18), così chiamati dall’autore perché nati da una sorta di crocevia tra ricerca sul campo critico e poesia-racconto.
I quattro brani Giardino e morte del signor Palomar, Kinski a Venezia, Rovine dal futuro, Ritorno a Sciangai utilizzano un metodo di metodo di scrittura-vampira: suzione e riscrittura di brani d’autore nonché trascrizione di schegge di parlato da film eccetera: operazione puntualmente condotta in versi, con esiti che si spingono ben oltre il collage. Con tratti di oltranza oltracotanza cannibalica.
Ciascun pezzo è naturalmente costituito da un’accordatura autobiografica che culmina, in maniera più forte, con l’ultimpo racconto.
Il volume ripropone, in contesto nuovo e inedito, il poemetto Il colombiano già uscito, era il 2011, per lo stesso editore quale libretto di sala per l’omonimo reading concerto (per la regia di Alfonso Prota).
Chiudono Giardino e morte, due pezzi riaffiorati dal cassetto degli inediti, datati entrambi al 2012: Le due città, un’invenzione dal vero della tormentata parabola creativa e di vita del pittore viterbese Carlo Vincenti, morto suicida nel 1978 e Intorno a questa tavola imbandita, un divertissement metapoetico che si articola in tre brevi monologhi-variazioni sul tema del pianto di Ulisse.
Il libro contiene anche delle immagini che cadenzano il volume: sono tratte da alcune riprese effettuate da Lorenzo Ricci nell’inverno 2017 nel corso di un sopralluogo presso le rovine dal futuro del mai-completato Ospedale Psichiatrico di Viterbo, il cui cantiere fu dismesso più o meno a margine dell’entrata in vigore della Legge Basaglia (1978).
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Questo libro lo trovi anche in: Tuscia
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