Giosuè Carducci e George G. Byron nel racconto di Leopoldo Barboni
Col Carducci a Segalari. Siamo nell’ottobre 1885 e Leopoldo Barboni, insegnante e scrittore pisano, segue il grande poeta Giosuè Carducci nel breve viaggio che lo riporta nei luoghi della fanciullezza, fra la gente che gli è amica, lo festeggia e si onora di averlo conosciuto bambino nel proprio borgo. Siamo in Maremma, ma non la Maremma amara che nei loro canti i contadini hanno osato maledire, aspra di paduli e di forteti, di fatica e di malattia, ma luogo dove la sanità degli affetti sembra prevalere sul male di una inesorabile pena di vivere e dove è bello tornare per ritrovarvi le immagini e la voce della giovinezza.
Lord Byron a Pisa e il sergente Masi. La città della Torre il 24 marzo 1822: il Lungarno e le sue spallette, il Palazzo Lanfranchi, il Caffè dell’Ussero con i suoi studenti, Lord Byron e gli amici inglesi, l’assurdo scontro fra questi ultimi e il sergente Masi, il suo ferimento e quindi il precipitare degli eventi nell’esistenza dell’autore del Pellegrinaggio del giovane Aroldo. Barboni riporta quanto è venuto a sapere sul “fattaccio”, ma non può fermare il suo racconto, trascinato ancora una volta dal fascino di un grande poeta, che muove verso il tragico destino già preconizzato nelle sue opere.
Le vicende, i tempi e i luoghi sono diversi, uno solo ne è il partecipe referente.