Ifigenia
Nelle mani crudeli, dalle quali fui rapita,
Per lungo tempo senza luce rimasi né vita.
Infine cercarono i miei deboli occhi il chiarore.
E stretta vedendomi da un braccio insanguinato,
Fremevo, Doride, e d’un vincitore efferato
Il volto spaventoso d’incontrare temevo.
Entrai nel suo Vascello, detestando il suo furore,
E sempre altrove lo sguardo volgendo con orrore.
Ma lo vidi. Niente di feroce aveva nel suo aspetto.
Il rimprovero già sentii sulle mie labbra smorire.
Contro me stessa guerra sentii il mio cuor dichiarare,
La mia collera dimenticai, e non seppi che lacrime versare.
Da quella dolce guida trasportar mi lasciai.
E in Aulide lo amo ancor come a Lesbo l’amai.
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