La bonànima di Meco
Commedia tragicomica recitata su carta
Questo racconto teatrale si svolge durante la veglia funebre di Meco, personaggio apprezzato e benvoluto nella sua piccola comunità, in Maremma, passato a miglior vita dopo una breve ma inesorabile malattia. Il raccoglimento dei compaesani che si recano a rendere omaggio al morto è l’occasione per descrivere una società che oltre ai ricordi della “bònanima” condivide opinioni e riflessioni sul presente. Temi cari all’autrice che ha attentamente osservato il ridelinearsi della civiltà, dall’apparente semplicità popolare all’irrompere della contemporaneità con l’intontimento mediatico, l’omologazione, ma anche la critica a una classe dirigente inadeguata e poco affidabile.
Tra le voci si sente la necessità di condividere con le donne della propria generazione la presa di coscienza che un linguaggio e una prassi alternativi a quelli maschili sono possibili e che questo compito le donne devono sentirselo proprio.
Oltre ai gruppi femminili che si confrontano in un serrato botta e risposta c’è però un dialogo che strappa il velo delle apparenze e irrompe con tutta la sua disarmante umanità; è il dialogo “muto” di Gina con il defunto marito Meco, un flusso di pensieri, ricordi e rimandi che solo il pubblico può udire; una confidenza intima che sentiamo il dovere di accogliere e custodire come il più prezioso dei doni.
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