Marà e tutti gli altri
Un’unica frase, un unico vortice dove il tempo si appiattisce e la narrazione si snoda intorno a due figure, una femminile (Mara) e un’altra ritenuta tale per il suo nome (la poiana) che, da donne, portano il peso della storia, quella con la minuscola, ma senza la quale non saremmo qui. Nel Giugno del 1828 una giovane donna, pastora e contadina, parte da una casa dell’Appennino tosco-emiliano per andare a fare la balia presso una facoltosa famiglia della Savoia. Il dolore della madre, costretta a lasciare il figlio appena nato e che rimarrà in fondo all’anima come un rodere sordo e continuo, si allarga e si stempera in un lungo viaggio che, come un rito iniziatico, la introduce nel mondo che non conosce e la conduce fino allo sfarzo dell’alta borghesia francese. Il figlio lontano, comprimario della storia ma che di fatto non appare quasi mai, sarà il cardine di ogni suo pensiero e di ogni sua scelta. Lo riabbraccerà alla fine, ma in un epilogo imprevedibile, dopo molte vicissitudini e dopo che anche la Storia con la maiuscola avrà attraversato le loro vite. La parabola ellittica dell’esistenza di una donna che parte da una casa e vi ritorna, uguale e diversa, come una cometa che attraversi gli spazi siderali e torni alla sua stella con tutto il bagaglio acquisito durante il viaggio.
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