Parole non a caso
La lingua scaturì da suoni gutturali perfezionandosi con i secoli. Divenne linguaggio, cioè uno strumento per comprendere e comunicare.
Ogni cosa, con il tempo, ha conquistato un proprio nome, filtrato dagli idiomi e poi è arrivata la “civiltà” dell’Occidente, la Grecia insomma. In quel cosmo, che non era “micro”, si fonda la nostra storia che forse è ad un termine, forse nuovi barbari premono sui confini.
In quel coacervo di bellezza e intelligenza si sviluppò anche l’arte della filosofia e poi della retorica, che a ben guardare sembrano contraddirsi: attribuzione di significati assoluti da una parte e dall’altra variazioni e interpretazioni a non finire, metafore, sdruscioli subdoli…
Ma si sa, la parola è anche segno inciso attraverso pittogrammi e suoni e la comprensione non è mai facile percorso. Si dice che la verità non sempre affiora attraverso le parole, che ne sono custodia ed espressione, maschera e nascondiglio.
La menzogna s’invera attraverso parole e alle volte se ne fanno giri incomprensibili che hanno inizio dal seme di antichi sapienti.
Cosicché la parola diventa strumento delicatissimo di offesa e difesa, retorica forense, prosopopea altera, fino a quando non torna alla radice sedimentata, alla poesia, direi…
Alla manifestazione dell’anima singola e singolare.
Mario Papalini
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