Prostituzione e sanità ad Arezzo
Il sifilicomio degli “Spedali Riuniti” 1863-1888
A metà del diciannovesimo secolo, la paura delle malattie veneree, in particolare della sifilide, attraversò l’Europa. La scienza medica non aveva ancora trovato cure per debellare i contagi celtici, anche se i sanitari prescrivevano – ai pazienti malati di sifilide – per lo più mercurio, sotto forma di massaggio, bagno, iniezione o pillola. Ma questo rimedio si dimostrava di solito poco efficace e poteva risultare letale, se ingerito in grosse dosi.
Incapace di fermare la diffusione della sifilide, lo Stato emanò leggi al fine di controllare fin nei minimi dettagli la vita delle meretrici. Questo libro fornisce il primo case study di come il Regolamento Cavour del 1860 funzionasse al di fuori delle maggiori città italiane come Arezzo.
Nel 1888, di fronte al crescente coro di critiche, il Regolamento fu abrogato. Alcuni uomini politici della Sinistra, come pure le donne coinvolte nel nuovo movimento per l’emancipazione femminile, denunciarono il sistema di controllo per la sua violazione dei diritti individuali delle prostitute. Costoro dichiararono iniquo il decreto di Cavour, perché sottometteva le donne, ma non i loro clienti maschi, alla registrazione, al controllo medico ed alla cura forzata nei sifilicomi.
Lo studio di Forzoni imposta il tema della prostituzione nel XIX secolo in una nuova prospettiva. Sembra infatti esserci stata una grossa disparità tra l’atteggiamento dell’èlite locale, che accettava l’esistenza della prostituzione e quello dell’élite nazionale, che diffondeva isterici allarmi sulle ospiti dei bordelli come focolai di disordine e malattia.
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