Storie di barrocciai
Non conosco molti luoghi al mondo dove si fa un mercato con le stesse bancarelle nello stesso posto e tolte la sera, alla fine il mio lavoro era quello. Per trentacinque anni ho lavorato nel mercato di san Lorenzo, nel cuore di Firenze, tutte le sere quando la luce del tramonto colora di rosa la città e la mattina presto prima dell’alba. Era come entrare in una dimensione parallela, costellata da personaggi particolari, che interagendo con l’ambiente hanno creato vere e proprie storie. Ho vissuto questa esperienza come un viaggio in un altro paese, e proprio come quando vai in un altro paese, studi i codici comportamentali, cerchi di adattarti senza mai staccarti dai tuoi valori. Bellissimo e vivo studiarne i limiti e cercare di comprenderne la portata. È stato un esercizio mentale interessante cercare di identificarmi nelle persone che ho conosciuto e capirne meglio dubbi e progetti. Ho smesso di lavorare a malincuore, era un lavoro di fatica e il corpo non resiste all’infinito, anche per gli orari impossibili. Tornare a casa alle 22 o 22.30 mi creava problemi. Ma quando è venuta a mancare questa quotidianità si è creato un vuoto. Mi mancavano le atmosfere e i personaggi sembravano protagonisti di un libro di Jorge Amado o di Vasco Pratolini. Le storie, invece di leggerle, le vivevo con persone in carne ed ossa. Da qui la necessità di ricomporre un mosaico sociale che non sarà mai veramente completo perché è in via di trasformazione continua anche in questo momento.
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